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· Copertina
flessibile: 205 pagine
· Editore:
Independently published (24 marzo 2020)
· Lingua:
Italiano
· ISBN-13:
979-8626541441
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SINOSSI
Sulla soglia dei settanta anni, Raffaele ci porta con sé in un lungo viaggio a ritroso attraverso la rigorosa cronaca della propria esistenza. L’infanzia, i sogni di gioventù, la spensieratezza e il disagio giovanile, la disillusione, la disperazione, la paura, il coraggio dell’incoscienza, la libertà, la fuga continua, la solitudine, il distacco della vecchiaia e, infine, l’immenso dolore per la perdita del fratello minore. L’amore struggente per l’Italia e l’odio viscerale per gli italiani.
Un viaggio che rappresenta lo specchio di una generazione unica che a poco a poco sta scomparendo. La prima generazione cresciuta con la televisione che è stata artefice della più grande rivoluzione giovanile della storia dell’umanità con tutti gli stravolgimenti politici, culturali e sociali che ne sono conseguiti e che è stata poi protagonista della globalizzazione e dell’era digitale. E che infine è stata messa alla prova dalla più grande minaccia collettiva che il destino potesse riservarci in quanto la più esposta e la più colpita al tempo della prima pandemia globale della storia. Un momento, questo, che non ha eguali nella storia dell’umanità.
RECENSIONE
Una vita, un
viaggio. E quella dell’autore è proprio il viaggio di una biografia dettagliata
fra gioie e dolori, un excursus fra periodi politici davvero differenti tra
loro, stravolgimenti culturali e cambiamenti sociali. L’autore ha saputo
raccontarsi e aprirsi al cuore dei lettori facendosi divorare dalla disperata
sofferenza, con cui rivive tutta la sua vita fino al presente. E alcune volte
raccontarsi in un libro trasforma l’autore in testimonianza umana, a volte
diventa anche terapeutico per lo scrittore stesso e per chi lo legge, perché
l’anima dei lettori può rassomigliarsi al bello e al brutto della vita altrui.
Sì, una vita che può essere un denominatore comune e divenire profondo
insegnamento per l’umanità stessa. Una copertina partorita da un disegno di
Valeria, la figlia dell’autore, colorata e vivace con due occhi grandi come il
mondo e il sole e la luna che fanno comprendere quanto nella vita la luce non
possa esistere senza il buio e viceversa.
E poi cosa
mi ha colpito veramente oltre a tutto è l’aforisma che lo scrittore inserisce
nel titolo. La frase è di un poeta arabo: “la felicità non è una meta da raggiungere, ma una
casa in cui tornare; non è davanti ma dietro; tornare non andare.” È molto
profondo perché dal titolo La vita ostile
l’autore estrapola la filosofia di sfatare il mito della cosiddetta felicità
vissuta come obiettivo da raggiungere, perché la felicità, a volte se non
sempre, è il luogo dove far ritorno. Spesso è ciò che abbiamo già, ma che non
vediamo forse per troppa superficialità. Un passato dove tornare, e non come di
solito si crede, un futuro da raggiungere.
Un romanzo
senza un attimo di respiro, perché racconta come un treno in corsa la vita
vissuta dello scrittore. Una fascia temporale che va dalla metà del secolo
scorso fino ai nostri giorni. Mutalipassi inizia a narrare le sue vicissitudini
da quand’era ragazzino. Si parte da una piccola frazione del Cilento, un
paesino quasi dimenticato dal tempo e dalle evoluzioni sociali. Raffaele lascia
il suo paesino natio per andare a Roma e cercare insieme alla sua famiglia una
situazione economica migliore, proprio nel periodo del boom economico degli
anni Sessanta. E lì qualcosa inizia a muoversi in positivo, nonostante la vita
del protagonista-scrittore sia sempre completamente travagliata.
Ed ecco che
proprio quando si arriva al pensionamento e all’età più matura si ha la voglia
di tirare le somme per accorgersi che in fondo nonostante sofferenze e dolori,
la vita regala anche tanto. I sacrifici non sono tutti inutili alla fin fine.
Il racconto
vitale di Mutalipassi si anima anche di ricordi su figure familiari come quelle
del nonno che vince la battaglia del grano nella provincia di Salerno e un
altro nonno emigrato in America, che alla fine sarà l’unico degli otto fratelli
a far ritorno e a morire nel suo amato paese d’origine. Raffaele poi si
sofferma sul matrimonio combinato dei genitori (all’epoca erano in voga) e per
questo lui soffrirà un’infanzia davvero tormentata e infelice, perché il padre
e la madre non faranno altro che litigare e poi successivamente si separeranno
definitivamente. Giunge poi un’adolescenza difficile, dove vivrà il sogno di
diventare calciatore professionista. Un sogno sfumato in un’altra ben diversa
professione, che però ha esorcizzato la rinuncia all’agognato sogno, facendolo
diventare un ingegnere ben stimato e apprezzato.
Un
curriculum di tutto rispetto, che ha lavorato in più di 40 paesi in via di
sviluppo nel settore della cooperazione internazionale.
Ma andiamo a
vedere come si danno il cambio nei capitoli le tante sfere temporali diverse.
Una storia che ripercorre gli ultimi 70 anni. Dall’alluvione del 1954 a Salerno;
l’infanzia degli anni Cinquanta con l’avvento della televisione in Italia;
l’adolescenza travagliata dello scrittore all’inizio degli anni Sessanta nelle
periferie romane, così come descritte da Pasolini e durante la quale in terza
media fu espulso dalla scuola. Successivamente mentre scoppiava la rivoluzione
giovanile del 1968 Raffaele studiava da privatista per prendere la licenza
media e due anni dopo nel 1970, sempre da privatista, consegue il diploma di
geometra. Poi il periodo del terrorismo degli anni Settanta durante il quale
studiando e lavorando conseguì la laurea in ingegneria. Dopodiché, le sue missioni
di lavoro degli anni Ottanta nei paesi dell’Africa nera più profonda ed il
lavoro in America Latina degli anni Novanta. Fino ad arrivare agli anni
Duemila, durante i quali è stato consulente in nome e per conto dell’UE in
molti progetti di ingegneria idraulica.
E la vita di
Mutalipassi sarà sempre mossa dalla passione per il calcio, perché a scandire
il racconto vi sono i campionati mondiali di calcio dal 1958 al 2018 ricordando
gli alti e bassi conseguiti dalla nazionale italiana.
Ma cosa c’è
di più profondo in questo libro è l’amore-odio che il protagonista-scrittore
nutre per l’Italia e gli italiani. Lui lo definisce un odio viscerale, anche se
l’Italia la ama perché è bella “fisicamente”, ma non “dentro”. Tanto che
Raffaele alla fine degli anni Settanta lascia per sempre l’Italia, un paese che
secondo lui tradisce il proprio passato e i propri figli. Già, perché gli
italiani si sono dimenticati di lui e Raffaele vuole dimenticarsi di loro.
Ma
Mutalipassi serba in sé anche la convinzione che l’Italia è un’opera d’arte
vivente. Un paese che potrebbe vivere della luce della sua arte e della sua cultura,
e gli italiani stessi dovrebbero valorizzare e preservare tutto questo. Se
fosse così, non ci sarebbe nemmeno la crisi, ma un benestare perenne.
E lo
scrittore racconta sé stesso e l’amore per una generazione unica, quella del
suo periodo, quella dei suoi anni. La particolarità di una generazione che non
si ripeterà mai più. Una generazione, che attraverso il suo vortice di
rivoluzioni che hanno portato a stravolgimenti e cambiamenti politici,
culturali e sociali, è giunta all’era della globalizzazione e della
digitalizzazione. Un’era, sì, avanzata, ma che alla fine ci ha portato ad una
realtà nociva e veramente letale per la nostra salute. Ed ecco che l’autore
giunge fino ai giorni nostri, quelli della pandemia, dicendo che quest’era
moderna ha creato una generazione fatta di paura, a causa di questo
insormontabile flagello.
E poi il
racconto autobiografico non può che propendere verso il cuore dello scrittore,
un cuore di padre. L’amore per la figlia ventenne vissuta da sempre lontano dal
paese natio del padre, ovvero l’Italia. E questo permetterà alla giovane
ragazza di riflettere sui racconti di vita del genitore, su cosa l’Italia dona
e toglie. E questo libro è proprio un monito per i giovani di oggi, come lei,
che devono intraprendere e affrontare la propria vita, sapendo le cose del
mondo e imparando da quelle del passato per costruire un presente e un futuro
migliori.
Ed è bello
concludere la lettura trovando lo scrittore-protagonista soddisfatto, perché
afferma che la sua vita in fondo è stata tormentata, ma bella e fortunata per
certi versi. Un autore che denuda sé stesso definendosi vigliacco ed eroe al
contempo e contando soprattutto quei giorni diversi che colleziona la vita,
perché quelli uguali non si contano né si misurano (come diceva il filosofo
Luciano De Crescenzo). Ma a risolvere infine l’analisi introspettiva di
Mutalipassi sono i sentimenti: è l’amore, l’unica ricetta per allineare e far
viaggiare su binari paralleli l’età anagrafica e gli anni dell’anima.
FRANCESCA
GHIRIBELLI
Raffaele Mutalipassi nasce a Perdifumo in provincia di Salerno nel 1951. Subito dopo la sua famiglia si sposta a Salerno. Nel 1954 si ritrova a Valmontone (RM) da dove, nel 1962, si trasferisce a Roma. Qui trascorre un’adolescenza travagliata. Dopo aver abbandonato la scuola dell’obbligo, solo a diciotto anni consegue la licenza media. A venti si diploma geometra da privatista. A venticinque lavora come operaio in una filatura di Prato. Nel 1979 si laurea ingegnere.
Nel 1981 effettua la sua prima missione di lavoro in Somalia. Dopodiché accumula quasi quaranta anni di esperienza nella gestione, coordinazione e valutazione di programmi e progetti di cooperazione internazionale finanziati soprattutto dall’Unione Europea. Dal 2018 è pensionato residente in Bolivia, paese dove è nata la sua unica figlia.
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