TRAMA
La poesia
nasce per un bisogno intimo di celebrare, di cantare costruendo un’architettura
di parole nei più vari registri, dai più intimistici e introspettivi ai più
altisonanti. Signorini con la sua produzione in versi esplora in profondità i
meandri della memoria e degli istanti irripetibili che, in essa, si sono
sedimentati. Sono i suoi momenti di essere, il dispiegarsi della sua vita;
suscettibili tuttavia di diventare, come accade in tutta la grande scrittura e
nella grande poesia, i momenti di essere di tutti noi. Il tempo della scrittura
è unico: è un tempo vissuto, fatto di istanti unici e dalla durata soggettiva,
dove un anno può essere incredibilmente breve e un minuto angosciosamente o
miracolosamente lungo; è un tempo colmo di segmenti più o meno remoti ma pronti
a riaffiorare, nel bene o nel male, per un’intuizione fulminea o per
un’imprevista associazione sensoriale. Il linguaggio è pregnante, essenziale,
non tende all’effetto ma alla sostanza del pensiero e delle immagini, alla
rilevanza di ogni singola parola: scelta e pesata, meditata, osservata.
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RECENSIONE
L’autore sa il fatto suo,
perché riprende come ispirazione il periodo crepuscolare poetico, dove fra i
più famosi ricordiamo Govoni e Gozzano. Lo scrittore Signorini cristallizza il
crepuscolarismo inserendolo nel titolo, ma rende questo ambito letterario tutto
suo, senza imitare il filone più noto di questa corrente italiana. L’autore ha
uno stile poetico prosastico che fa discendere nella poesia in versi il senso
di un racconto di vita, di esistenza, di mistero, di domande inerenti al nostro
io più nascosto, proprio come troviamo in una Mattinata obsoleta; poi però incontriamo
anche Barlumi di luce, quasi un inno o un invito al poeta che scrive e quindi
anche lui stesso intinge la sua ispirazione, in un certo senso, di amarezza, ma
anche di un messaggio di speranza, cioè facendosi cullare da un nulla pieno
d’infinito. Poi fotografa anche L’attimo che fugge quasi consigliando al
lettore di rendersi conto della frenesia della vita e di prestare più
attenzione agli attimi preziosi che corrono e che andrebbero quasi inseguiti
per poterne godere. Un messaggio forte è in Natura violata, dove il poeta si fa
Cupido di solidarietà verso il pianeta e Madre Natura. Chi ferisce la terra,
ferisce sé stesso e la sua stessa madre. Un messaggio denso anche di una forma
di panismo dannunziano che ci ricorda La pioggia nel pineto. L’uomo che diventa
la natura stessa, immedesimandosi in essa e viceversa. L’autore quindi riprende
non solo il crepuscolarismo che è postdannunziano, ma anche una sorta di
poetica precedente unendo tematiche forti e valide a livello
poetico-esistenziale. I suoi sono veri e propri canti e autentiche odi al
paesaggio che ci circonda tramutando il tutto in un appello o una sorta di
monologo alla vita, in cui il poeta fa e si fa domande tra le braccia del crepuscolo.
Un canto crepuscolare che soppesa ogni verso nel suo peso umano o nella sua voglia
di leggerezza usando la poesia come esorcizzazione del presente, del passato e
del futuro estrapolando anche l’ultima briciola di fiducia per andare avanti.
FRANCESCA
GHIRIBELLI
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