lunedì 8 dicembre 2014

RECENSIONE 'SETTE GIORNI DI VUOTO' DI BLAKE GALEN





















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CITAZIONE TRATTA DALLA SAGA

Tu, Edward l’Infallibile, anche se forse sarebbe meglio dire Edward l’Egocentrico, non hai mai perso occasione di vantarti della tua bravura, dei tuoi successi, senza pensare che le persone accanto a te potessero sentirsi inferiori ed infelici. Il Robot Mascherato voleva provarti che tu non sei infallibile. Tu, come tutti, hai bisogno di qualcuno che ti aiuti.>>




RECENSIONE

Il racconto di Blake Galen che ho amato di più: c'è inventiva psicologica, un tocco di noir con giuste dosi di fiato sospeso e dall'altra anche quel sano horror introspettivo e non sanguinario.
Un vero mistery dalle vene thriller che rappresenta un po' il giallo tradizionale, il quale si mischia anche a sfumature originali per una vera e propria caccia all'assassino.
Mi è piaciuto il personaggio di Edward, capo del Distretto di Polizia di Denkel.
Un uomo dal fiuto imbattibile, un po' reso orgoglioso di se stesso dai meriti concessi giustamente dagli altri per la sua carriera.
Adesso, però lo aspetta un caso davvero difficile rispetto al passato, ma grazie alla presenza di Iris, la dolce moglie ( conosciuta pochi anni prima in ospedale a causa di una sparatoria sul posto di lavoro che gli regalò tre proiettili di pistola), riuscirà a venire a capo della faccenda.
Ma egli sarà davvero infallibile come sempre o avrà seri problemi a venirne a capo per trovare il vero assassino?
Un mistero che si intriga attraverso strane sparizioni di bambini, che dopo sette giorni di vuoto e silenzio per le indagini, ricompaiono nelle loro case a fianco dei cadaveri dei genitori.
Pare che i veri assassini siano loro, ma dietro a tutto c'è il famigerato Robot Mascherato a cui manca sempre qualcosa: come gli occhi, le braccia, le mani o i piedi.
Chi si nasconde dietro questo automa?
Consigliato ai lettori che amano restare con il fiato sospeso fino alla fine e che restano sorpresi di come la verità a volte sia davvero difficile da accettare, perché chi ci fa del male spesso è proprio chi credevamo ci amasse più della sua stessa vita.








Francesca Ghiribelli.







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