martedì 29 ottobre 2013

RACCONTO VINCITORE DELLA MENZIONE D'ONORE '3°PREMIO NAZIONALE ATHENA SPAZIO ARTE 2012'

L’amore per una ‘ballerina’



Il vento sferzava l’aria, abbracciando le nubi, mentre il dolce riverbero del sole creava una mimosa di luce fra le zolle di terra, dove l’erba creava qualche buffo ciuffetto smeraldino.
La mattina stava lasciando il posto al pensoso e docile sorriso pomeridiano, mentre due magre e svelte zampette frugavano fra i respiri del prato; chissà cosa speravano di trovare? Forse qualche satollo vermicello o qualche piccolo seme caduto dalle chiome degli alberi, ma il suo sguardo era ottimista, perché i raggi riscaldavano quelle sue alucce fragili, ma imponenti su quella minuscola coda sbarazzina piena di malizia peperina.
Negli occhi vi erano cristalli splendenti brillanti di quella furbizia, che solo la sua giovane età poteva possedere, mentre il becco spigolava sicuro e veloce su quella terra, che ormai conosceva, come ogni piccola grande piuma del suo corpo.
Sulle alte e smagrite zampe l’agilità e la voglia di vivere di un passerotto appena nato, per non parlare delle unghiette adunche e resistenti, che facevano parte di dita carnose e sottili, le quali arraffavano fra i fili d’erba, come un’ape fra i petali di un fiore.
Semplici giornate trascorse scorrazzando in quel fazzoletto di bosco, che ormai era il suo mondo. Era felice, però quel piccolo uccello, perché si sentiva come il grande gendarme di quel luogo fatato e quasi così irraggiungibile dal resto del mondo.
Sembravano parole cantate attraverso un’arpa, quei dolci e candidi gorgheggi, che il suo esile collo intonava in mezzo alla radura, mentre così trasparente in quel vasto e acerbo mondo, trovava la sua grande maturità.
Era giovane, ma consapevole dei numerosi pericoli che la vita teneva in agguato, e magari non sapeva che poteva esistere qualcosa, per cui è molto più pericoloso e arduo combattere. Ma il suo piccolo coraggioso cuore, forse l’avrebbe scoperto molto presto.
Doveva sapere che nel regno animale potevano celarsi creature molto più grandi e forti di lui, ma finora non aveva mai avuto niente a che fare con loro.
Se ne era sempre stato tranquillo in disparte, senza neanche porsi la preoccupazione della loro presenza. Un piccolo passero,doveva starsene fuori e soprattutto lontano da quegli imponenti ed eleganti ‘furfanti’, perché l’apparenza, a volte, anzi molto spesso inganna.
Ne vide proprio uno quel giorno, una di quelle ‘signorinelle’, vestite di tutto punto: portava un nero piumaggio sulla testa, quasi avesse un oscuro cappuccio, mentre sulle superbe spalle indossava fieramente piume candide come la neve, che finivano sulla lunga e perfida coda con straordinarie e altezzose sfumature blu cobalto. Il petto impavido, il becco acuminato e paurosamente grande rispetto al suo così fragile e piccolo; sembravano le ‘signore della notte’, a loro spettava completo rispetto e nessuno doveva intromettersi nelle loro decisioni e azioni. Esse erano di impeccabile aspetto, ma di impeccabile non avevano un bel niente, perché il piccolo passero, si ricordava molto bene, come tutti le chiamavano, ‘le signore ladre’.
Si prendevano gioco di ogni piccolo essere, razziavano qualsiasi cosa capitasse loro sottotiro e parlavano con quella straziante e detestabile risata, con cui si credevano onnipotenti.
Non possedevano nessuna virtù per essere chiamate ‘signore’, ma come spesso accade fra le persone, anche lì in mezzo al bosco, era molto importante quel portamento così imponente ed elegante, che annichiliva ogni altra creatura.
Poderose zampe bramavano ogni centimetro di terra e crudeli occhi nascondevano un febbrile fascino alla vista di ogni possibile preda immaginabile.
Sì, era una famelica gazza, che piroettava audace e sospettosa nell’aria, cercando di invadere lo spazio altrui, mentre lo sguardo cercava l’attenzione di un altro soave e dolcissimo volatile. Non capiva che era troppo grande, per quella creatura così timida e al contempo meravigliosamente unica.
Il piccolo passero la vide, fu la prima volta che un forte scalpiccio al cuore gli prese, inaugurando un forte canto, così iniziò a intonare l’amore; e forse non c’è niente di più arduo e pericoloso da combattere, di quel grande sentimento, che si faceva già spazio nel suo animo ribelle.
Quella grande gazza non poteva averla vinta! Sì, certamente, era bella, aggraziata, imperiosa e superiore, ma il suo coraggio sarebbe stato altrettanto tenace da difendere l’incolumità di quella bellissima e magnetica creaturina.
Il passero avrebbe combattuto per lei, quell’uccellina così graziosa, impaurita e per niente accondiscendente. Già, si capiva, che quella gazza non faceva per lei. Voleva, come sempre colpire l’attenzione, ma stavolta sembrava non riuscirci, perché la sua magnetica imponenza non funzionava più. Il passero sentì la speranza dentro al cuore di poterla conquistare e abbracciò tutto il suo coraggio, iniziando a gorgheggiare il suo sincero e intenso amore per lei. I due corteggiamenti si incrociarono, e non appena la gazza si accorse di quel docile canto, cercò di roteare ancor più la sua coda a mo’di pavone, ma così riusciva soltanto a spaventare e allontanare la radiosa preda d’amore. Non ne voleva proprio sapere, ma sembrava invece estasiata dal canto del piccolo passero, anche se non sapeva da dove provenisse.
Incantata, frugava con gli occhi il silenzio del bosco, cercando il prezioso motivo di quel canto, che era venuto quasi a salvarla dalle grinfie di quel grande e spaventoso uccello.
Era troppo carina, sembrava indossare un vestitino marrone, color nocciola, mentre le piume sul dorso e sulle ali erano punteggiate da piccoli buffetti neri, che rilegavano una curata treccia di coda, mossa sinuosamente avanti e indietro per carpire qualsiasi rumore proveniente dal mondo circostante.
Che dolcezza inebriante, quel suo dondolarsi come una farfallina aggraziata sulle punte delle zampe scure, riuscendo a fare della sua camminata una fugace danza improvvisata.
Sì, adesso lo sapeva, era una ‘ballerina’, quella simpatica e adorabile uccellina ornata da quel tutù marroncino: sperava tanto potesse divenire il suo tenero ‘amorino’.
Oh, voleva rubarle quei piccoli ramoscelli, che lei insieme a fili d’erba aveva intrecciato con fervore! Chissà, forse voleva già farsi un piccolo e sicuro nido da qualche parte per curare i suoi piccini o per impreziosire la sua umile dimora? Non gli importava quale fosse il vero motivo, sarebbe stata lui a salvarla dal quel grande e crudele nemico. Già, perché adesso, l’infima gazza non voleva più corteggiarla, ma visto il suo netto rifiuto, desiderava soltanto annientarla per portarle via tutto ciò, che aveva cercato e trovato con amore su quel prato. Sì, sicuramente, con un solo e forte colpo di becco l’avrebbe ferita a morte oppure l’avrebbe colpita violentemente lasciandola ad un infelice destino, soltanto per assicurare la sua virile superiorità.
Non poteva vedere quel meraviglioso essere derubato del suo splendido intercedere, della sua divina grazia, visto che sembrava una dolce e tenera bambina, che danzava con un cesto di fiori fra le mani. Doveva continuare a ballare per lui, per il bosco, per la natura.
Cercò di inneggiare il suo canto ancor più in alto, ma la ‘ballerina’ era così impaurita dalla gazza, che neanche sembrava più udirlo.
Ma come poteva un animale piccolo, come lui, difendersi e portare in salvo la sua amata? Quell’imponente uccello gli sembrava un alto grattacielo nero, ma con un po’ di astuzia e furbizia lo avrebbe colto di sorpresa e fatto scappare via!
Come ci sarebbe riuscito? Con un sasso avrebbe potuto colpirlo sul capo, lasciandolo intontito e facendolo fuggire, ma non sarebbe mai riuscito a prendere nel suo docile becco una pietra così grande!
Forse un fortuito caso o il destino l’avrebbero aiutato! Doveva far lavorare quel suo cervellino sveglio e brillante, risolvendo così quella incresciosa e spiacevole situazione.
Appena vide che la temeraria gazza si lanciava con il suo becco acuminato e possente verso quell’innocente esserino, il passero prese tutto il coraggio, che aveva nel suo cuore e si alzò in volo in direzione della ‘ballerina’.
Non sapeva cosa sarebbe successo, ma doveva liberarla a tutti i costi. Gli sembrò un po’ ‘scostumato’ come primo approccio verso quell’elegante ‘signorina’, ma senza voltarsi indietro per vedere dove fosse la gazza, rubò dal becco e dalle zampe di lei quell’umile ma ricco fagotto d’erba e ramoscelli. Subito dopo, piroettò nell’aria di fronte al nemico e riuscì a spostare la sua attenzione su di sé, così finalmente lasciò perdere la ‘ballerina’. Lei sembrò felice e grata di quel gesto e zampettò dolcemente più lontano, ma rimase in attesa preoccupazione per il destino di quel giovane e coraggioso ‘principe’, che era venuto così gentilmente a salvarla.
La gazza lo teneva d’occhio e si librò in volo pronta a punirlo per quel gesto affrettato e poco rispettoso, visto che gli aveva rubato la scena e la giovane preda.
Il passero si fermò stremato su un vicino albero dal tronco largo e comodo, così cercò di riprendere fiato, tenendo stretti quei cari ramoscelli, perché sarebbero stati il suo ‘trofeo’, se fosse riuscito a vincere quella corsa contro il tempo.
Si sistemò sul ramo più alto e frondoso, ma dopo qualche attimo di esitante e speranzosa attesa, il nemico riuscì ad avvistarlo e si fiondò come una freccia verso di lui.
Adesso, non c’era scampo per il passero, ma in fondo se l’era voluta e avrebbe pagato la vita per essersi mostrato così coraggioso. Laggiù in basso, la piccola ‘signorina’ lo guardava e sembrava pregare per lui, cercando una possibile via di salvezza nel suo cuore. Lui appoggiò quelle piccole e utili provviste per il nido su uno stabile angolo del ramo, lasciando così il suo ‘’trofeo’ e accettando l’improvvisa ed imminente fine della sua vita. Sperò che almeno quella dolce ‘ballerina’ un giorno lo avrebbe ricordato dentro al suo cuore.
Nei suoi pensieri disegnò il sogno di poterla rincontrare, se da qualche parte fosse esistito il paradiso, magari le avrebbe fatto da angelo custode lì nel bosco, senza che lei lo potesse vedere.
Chiuse gli occhi e attese che l’ultimo istante di vita lo venisse a prendere. Il corpicino della ‘ballerina’ stava tremando dal senso di colpa e dal dolore per una fine, che non sarebbe dovuta essere così tragica.
Poi all’improvviso un colpo assordante e sconvolgente ruppe l’armonia del bosco e in seguito lo ammutinò nel silenzio più totale.
Dopo pochi istanti un fruscio sordo e preciso cadde fra le foglie e l’erba della radura.
Gli occhi del povero passero si riaprirono, chiedendosi se la morte potesse essere così rumorosa e tremenda!
Anche la ballerina rimase quasi incosciente e terrorizzata, ma non appena realizzò il fatto, si avvicinò cautamente per vedere cosa fosse successo.
Fu allora che il piccolo passero comprese la tragica fine del nemico. Già, non era toccato a lui stavolta lasciarci le penne, ma alla quasi invincibile gazza.
Si chiese come fosse strano il mondo e come nessuno in quel vasto regno animale avesse un’eterna via d’uscita. Era una crudele catena, che si susseguiva dalla piccola alla grande preda; già, per la ‘signora ladra’ era finita tragicamente, perché anche se in lui aveva trovato una piccola ‘vincita’ da conquistare, era giunto prima un crudele cacciatore a freddarla sul tiro.
Adesso le sue maestose piume si erano accasciate silenziose e tristi tra le foglie e tutta la sua ambizione e sete di conquista erano terminate in un fugace attimo portatore di morte.
Il piccolo passero svolazzò a terra ed il suo cuore, nonostante tutto, pianse di disperazione nell’aver visto la vita terminare così all’improvviso. Nessun animale, neanche il più crudele si sarebbe meritato una tale fine, ma anche lui sapeva, come tutte le creature di quel bosco, che c’era sempre un pericolo che viveva ai confini di quel mondo fatato e apparentemente privo di ostacoli. Bastava poco per spezzare le ali di quella ‘favola’, così era arrivato quel tonfo assordante e cupo a spegnere il sorriso verde di quello straordinario regno. La vita sembrava seguire il suo corso così giovane e spensierato, ma nessuno era immune dall’arrivo di quel cacciatore. ‘L’uomo cattivo’, lo chiamavano, perché con quell’improvviso sparo di fulmine toglieva l’anima alla natura.
Adesso tutto taceva, ma il piccolo passero era sicuro, che tra non molto tutti sarebbero tornati nuovamente a vivere, ed in fondo, a lui era andata bene, perché aveva ancora il suo ‘trofeo’ lassù in cima a quell’albero, da portare alla sua meravigliosa ‘ballerina’.
La vide triste e affranta fissare quel corpo accasciato in mezzo al prato, ma le si avvicinò timidamente sorridendo con una luce strana e speranzosa nello sguardo. Ora poteva guardarla ancora meglio, così vicino a quel corpicino aggraziato e prezioso, chissà se sarebbe riuscito a conquistarla!
Aveva immaginato di farle da angelo custode, se ci avesse lasciato le penne, ma adesso era vivo e vegeto e poteva contemplarla all’infinito, se soltanto si fosse lasciata andare per un attimo.
I suoi occhi brillavano, come more lucenti sui rovi di quel pianto, che avrebbe voluto esternare di fronte all’ingrato destino del suo nemico. Oltre che una splendida creatura fuori,doveva possedere dentro di sé una straordinaria anima.
Le si accostò piano e dolcemente, mentre lei gli poggiava il capo su una spalla e sfogava tutto il suo rammarico per il pericoloso mondo, che si nascondeva là fuori.
Poi lui cercò di dissuaderla da quel triste tepore attraverso piccole beccatine sulla testa e sulle morbide piume della coda.
Il passero vedendola riprendersi poco a poco, si ricordò del suo piccolo ‘trofeo’ d’erba e di rami sull’albero,così si librò in volo per raggiungerlo. La ‘ballerina’ esitò per un attimo, ma poi si convinse, che doveva assolutamente essere grata a quel piccolo grande uccello; danzò per un lungo istante sulle abili zampe e svolazzò al suo fianco fino in cima all’albero. Lì si guardarono, lui le spinse vicino parte di quel piccolo giaciglio, che lei si era cercata con tanto amore, poi attese che la docile ‘ballerina’ sorridesse; ella balzò elegantemente fino ad alcuni rami più in basso e lì trovò un sicuro e minuscolo buco nel tronco della pianta. Il passero la raggiunse e lei cantò in modo delicato e soave, facendo battere forte il cuore di lui. Adesso, sapeva che quella tenera creatura poteva imparare ad amarlo, mentre lui l’amava già, fin dal primo momento che l’aveva vista. Lei lo invitò a condividere quella preziosa e piccola dimora, per cui entrambi avevano lottato insieme, così la ricoprirono di rami, germogli, foglie e fili d’erba. Poi, alla fine lei, avvicinandosi, gli staccò l’unica e piccola piuma bianca, che aveva in fondo alla coda, così lui le prese dolcemente con il becco una candida penna marroncina e la intrecciò alla sua in quel giaciglio perfetto, commemorando quell’unione improvvisa, dove quei due cuori avrebbero vissuto per un’umile e semplice capanna. Sì, l’unica cosa che volevano entrambi: lei, avere quel dolce compagno pieno di coraggio al risveglio di ogni mattina e lui conquistare per sempre l’amore di una ‘ballerina’.


Francesca Ghiribelli.

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