L'inverno sarà il nostro segreto
Apro gli occhi e mi ritrovo a pancia in giù nella coltre bianca. La neve sembra vestirmi con la sua delicata anima. Mi sento viva, ma non del tutto.
Appartengo alla terra, a quel piccolo tratto di bosco, ma chi sono?
Sono veramente io? La vivace ragazza di sedici anni, che tutti chiamano ‘la peste’.
O sono soltanto l’ombra di me stessa?
Mi ricordo soltanto tanti passi sulla linea confusa del ghiaccio sulla strada, poi un grandissimo rumore. Un forte tonfo. E adesso mi sono ritrovata a terra, ma non mi sento più così indolenzita.
Al momento della grande botta, ho sentito la testa andarsene da un’altra parte. Si è quasi volatilizzata.
Pensavo di averci rimesso la pelle, invece sono ancora qui tutta intera.
Nessuna traccia di vita, nessuna macchina che attraversa la lunga rettilinea che porta verso la città.
Già, mi sono avventurata fin qui, per vedere la bellissima luminara, che ogni anno alla vigilia di Natale viene messa in questo piccolo tratto, quasi per non far sentire la campagna troppo isolata dall’atmosfera natalizia. Luminescenti corde di luci a forma di stelline vengono intrecciate da un lampione all’altro. Poi le baite, che appaiono minuscole in lontananza sembrano evocare la dimora di una fiaba. Dolci addobbi di agrifoglio, rotonde ghirlande con dorate campanelle che suonano ogni volta che la porta viene aperta per una gradita visita del vicinato.
File di lucine colorate ornano le piccole verande che si animano di vita e di calore familiare.
Ma l’addobbo più spettacolare è l’abete in fondo alla grande curva. Un altissimo esemplare pieno di tante palline di molteplici colori, soffici fiocchetti rossi, dorate stelle di cartapesta, minuscoli bastoncini bianchi, simpatiche renne dal morbido manto di peluche e infine un goliardico puntale a forma di Babbo Natale, che sembra salutare l’arrivo dei turisti e inaugurare l’anno che verrà.
E’ il motivo per cui mi sono spinta fin qui, al buio, tutta sola, a dispetto dei miei genitori.
Mi hanno sempre negato questo piacere, raccomandandomi sempre di non spingermi in questo tratto isolato di sera. Loro non hanno mai trovato il tempo di portarmici. Sono sempre così impegnati con gli impegni di lavoro. Nella mia famiglia non c’è mai stato un vero attimo per respirare il Natale.
Mi accorgo di essermi alzata, ma di essere ancora seduta nella neve a contemplare il magnifico paesaggio, che quell’albero, così magicamente travestito, mi regala.
Tutto sembra perfetto, ma mi accorgo di non sentir alcuna sensazione di freddo a così stretto contatto con la neve. Di solito, mi si gela il sangue nelle vene, ma questa notte mi sembra di essere fuori dal mio corpo. Mi sarebbe piaciuto sentir battere forte il cuore di emozione alla vista di quella stupenda atmosfera natalizia. Ma non vedo neanche la piccola nuvoletta di fiato, che sarebbe dovuta fuoriuscire dalla mia bocca per il freddo.
E’ buio, ho sempre avuto paura dell’oscurità, ma questa notte sento che il mio corpo non è spaventato. Mi alzo, quando un leggero fruscio di ali bagnate sembra venire verso di me.
Una piccola pallina di piume grigie si scrolla qualche goccia di neve dal corpo, poi mi guarda in silenzio, quasi avesse visto un fantasma.
Mi accorgo che è un dolce pettirosso, perché sul petto ha venature color scarlatto.
E’ strano che un piccolo volatile, che ha vissuto da sempre allo stato selvatico, si faccia avvicinare così tanto da un essere umano.
Forse sono io ad aver più paura di lui.
Preoccupata, guardo se ha un’ala rotta o una zampetta ferita, ma sta bene. E’ soltanto infreddolito dalla neve.
Punta i suoi occhietti sul mio viso come due bottoni neri e lucenti.
Io sorrido di fronte a quel tenero musetto indifeso.
‘Ti sei perso? O sei caduto dal tuo nido?’
L’animale gira il piccolo capo fissandomi.
‘No, sono venuto in tuo aiuto…’
Io spalanco gli occhi stupita.
‘Ma non ho bisogno di aiuto, sono soltanto caduta nella neve.’
Il volatile emette uno strano e breve cinguettio,quasi una sonora risatina.
‘Allora non ti sei accorta di niente. Tu sei un fantasma.’
‘Cosa?’
‘Sì, un fantasma. Sei morta. Non fai più parte del mondo umano.’
‘Ma che dici? E poi come fai a saperlo?’
‘Beh, dal fatto che tu possa parlare con me. Soltanto gli angeli possono parlare e capire gli animali.’
Disperata, incomincio a sfiorare il corpo alla ricerca della mia consistenza. Sento qualcosa, ma sembra che il mio tocco sfiori l’aria.
Allora e’vero! Quella specie di botta assordante era soltanto l’attimo, che aveva segnato la mia fine. Ora potevo vedere quel mitico albero addobbato, ma ero morta per sempre.
In nome di quel piccolo sfizio,avevo messo in pericolo la mia vita, ed ero stata accidentalmente investita da una macchina, che a causa del buio, forse non mi aveva vista in tempo.
Un attimo prima ero felice di poter vedere quel silenzioso tratto di bosco animato da quel dicembre così festoso, ma adesso non ero altro che un’anima vagante e destinata alla solitudine in eterno.
Non avrei più rivisto i miei genitori, per non pensare ai miei amici, alla scuola, ai sogni che un giorno forse avrei potuto avverare. Ma la persona più importante, colui che non avrei mai potuto abbandonare così. Il mio ragazzo,Giacomo.
Rimpiango soltanto ora il fatto di aver odiato anche soltanto un po’ la mia vita precedente. Ci si accorge sempre troppo tardi di quanto siamo fortunati.
Ma avrei dovuto fidarmi così tanto di un semplice pettirosso?
Mi accorgo in tempo della presenza di una figura, che attraversa la strada nella semioscurità. E’ un uomo alto e magro. L’unica prova inconfutabile, è vedere se riesce a sentirmi.
‘Signore, mi scusi. Signore? Riesce a vedermi o a sentirmi?’
Urlo a squarciagola, gesticolando come una forsennata. Ma l’uomo non dà alcun segno di accorgersi della mia presenza.
Non c’è altro da fare. Devo accettare di essere un fantasma.
Mi volto e vedo ancora il piccolo pettirosso che mi guarda.
‘Non puoi fare niente. Soltanto accettare di essere un angelo. Ma ricorda, che anche se sarai invisibile, potrai sempre mandare qualche segno o addirittura qualche messaggio sulla terra.’
I miei occhi spenti dalla delusione, improvvisamente si illuminano.
‘Dici sul serio? Ma anche se loro non potranno mai più vedermi, io posso vedere loro…o sbaglio?’
‘Certo. Se può farti felice, io posso farti da spalla. Ogni volta che vorrai mandare un segno della tua presenza ai tuoi cari, sarò al tuo servizio.’
Prendo il piccolo uccellino nel palmo della mano e gli lascio un dolce bacio sul capo.
Lui freme per un attimo entusiasta di quel gesto d’affetto e poi spicca un voletto vicino alla mia testa.
‘Portami in città. Voglio rivedere la mia casa per un’ultima volta e poi ho un altro breve compito da svolgere. Accompagnami.’
‘Volentieri. Ricordati, che anche gli angeli sanno volare, proprio come me. Non pensare a nulla. Pensa soltanto a ciò che desideri di più. Vola sopra gli alberi e raggiungi la tua famiglia. Tu, non hai più bisogno di loro, ma loro avranno sempre bisogno di te... Del tuo ricordo.’
Non ho mai saputo come si fa a volare, ma chiudo gli occhi e sento la mia mente più leggera.
In fondo, è rimasta soltanto quella di me. Nient’altro, solo la mia mente che fa da cuore alla mia anima in pena.
Riapro gli occhi sul mondo e vedo volare di fianco a me il piccolo pettirosso che sorride, quasi orgoglioso.
Quello che sto vivendo, l’ho sempre visto soltanto nei film, ma alla fine dovendo abituarmi a quello stato di invisibilità, non mi sembra così male poter riuscire a volare e a spostarmi senza difficoltà.
Forse sarei riuscita anche ad oltrepassare muri, porte e qualsiasi altro ostacolo.
All’improvviso, vedo dall’alto una sagoma familiare. Il mio caro cottage,da sempre posizionato in una tranquilla via di periferia, ma comodamente vicino alla città.
Voglio tornare, vorrei nuovamente riessere io, ma non posso.
Faccio segno al mio amico pennuto che quella è la mia casa.
‘Andiamo. Vedi, è bastato poco per arrivarci…’
Già, un inspiegabile volo ad alta quota!
Comincio a planare intimorita, ma la fredda aria natalizia mi fa da compagna e allieta il mio atterraggio sul cortile di casa.
Mi affaccio alla finestra accesa. Il salotto è addolcito dalla luce di candele agghindate per le feste, l’albero proietta la sua ritmata luce nella stanza e il camino acceso riscalda il cuore di quei visi spaventati. Sì, li vedo non sanno ancora niente, ma sono preoccupati per la mia prolungata assenza.
Come faccio a dire loro che sono morta, ma che sono ancora qui?
Vedo mia madre prendere il telefono e chiamare forse la polizia o qualcuno che possa mettersi sulle mie tracce.
I loro volti lividi di ansia e angoscia. E io che avevo pensato non mi amassero abbastanza!
Che stupida che sono stata!
Forse più in là avrei potuto mandare qualche messaggio per tranquillizzarli, ma adesso devono scoprire l’amara verità da soli. L’unica cosa che decido di lasciare davanti alla porta è quel piccolo pupazzetto a forma di angioletto, che entrambi mi avevano regalato quando ero piccola.
L’unico modo per farmi credere che la cara nonna, a quell’epoca da poco scomparsa, sarebbe stata sempre vicino a me. Ora avrei potuto rivedere chi era già scomparso dalla vita terrena, e adesso sono loro ad aver bisogno di quel piccolo gesto per tollerare la mia assenza. Io, che ora sono davvero un angelo, sarei stata vicina alla mia famiglia per sempre con la speranza di poterla riabbracciare un giorno.
Tiro fuori dalla tasca quel caro ricordo d’infanzia, che mi ha accompagnato fino alla morte.
‘Tieni, ti affido questo. Lascialo sul davanzale della finestra.’
Il piccolo pettirosso prende nel becco con delicatezza quel docile ciondolo bianco e inizia a svolazzare, sbattendo con forza le sue ali contro il vetro, in modo da attirare la loro attenzione.
Io me ne sto lì incantata a guardare senza poter fare niente.
La mamma apre la finestra e il mio piccolo nuovo amico fa cadere il portafortuna all’interno della stanza, poi se ne vola via. Poi, papà sorpreso, lo raccoglie sorridendo, mentre entrambi si osservano quasi sollevati, stringendosi al cuore fra le lacrime quel minuscolo segno della mia presenza.
Ma non è tutto oro ciò che luccica, e presto si renderanno conto che non esisto più e dovranno accontentarsi soltanto del mio breve ricordo.
Fra poco la polizia avrebbe trovato il mio corpo abbandonato e ferito sulla strada che porta al bosco.
Ma forse sedici lunghi anni si dimenticano in fretta…..in fondo chi rimane in vita sopravvive sempre alla morte di una persona cara.
Invisibili lacrime mi solcano il volto. Non le sento più arrivare in gola ed affacciarsi agli occhi, ma è ciò a cui mi devo abituare nel mio nuovo stato di ectoplasma.
Mi allontano senza voltarmi indietro, mentre il pettirosso mi affianca in comprensivo silenzio.
Poi mi decido a fare l’ultimo e doloroso passo, prima di passare del tutto a miglior vita.
‘Seguimi fino a quella tavola calda in fondo alla strada. Lì c’è un’altra persona che voglio vedere per l’ultima volta.’
L’animale mi guarda con aria incoraggiante e sferza il nevischio con la sua piccola figura.
Io affretto il passo per ritrovarmi senza fiato davanti alla vetrata del locale illuminato a festa. Rivedo il suo caro profilo incorniciato da una ghirlanda di finto abete ornata di rosso. Lui, il mio Giacomo. I suoi indimenticabili occhi verdi e ridenti, mentre serve i clienti con orgoglio al suo bancone. I suoi morbidi capelli color miele che incorniciano la sua dolce faccia.
Quanto vorrei correre lì ad abbracciarlo e baciarlo per un’ultima indimenticabile volta.
Ma lui non lo sa ancora che non ci potremo mai più amare.
Per questo devo scrivergli un biglietto d’addio.
Voglio che quando saprà la verità lo conservi per sempre.
‘Da come guardi quel ragazzo, deve esser stato molto speciale per te.’
Alzo gli occhi verso il mio amico pennuto, pensando che mi sono quasi dimenticata della sua presenza.
‘Sì, è il mio fidanzato. Ci conosciamo fin dall’infanzia. E’….molto dura sapere che non potrò più averlo al mio fianco.’
‘Lascia qualcosa che gli ricordi il vostro amore. Tu resterai per sempre in un angolo del suo cuore.’
Ci penso su e poi cerco nella cara borsa, che mi è rimasta a tracolla dal momento dell’incidente.
Sì, trovo il mio previdente taccuino e una biro blu.
Ripenso ai nostri momenti insieme, alle nostre letterine d’amore per San Valentino, ad ogni piccolo gesto che ci ha fatto diventare grandi e maturi l’uno al fianco dell’altra.
Sono sicura che lo amerò per sempre, ma lui un giorno troverà un’altra e mi sostituirà, come è giusto che sia.
Improvvisamente scrivo di getto e mi innamoro di quei versi, che non riesco a credere vengano proprio dal mio cuore.
Con un dolce e armonioso corsivo gli regalo quella frase:
‘Mi senti? Sono qui fra la neve,
per dirti che non me ne andrò mai,
ma sono soltanto sparita
nel bianco bacio di un angelo.
L’inverno sarà il nostro segreto.
La tua Lara.’
Ripiego il biglietto e lo affido al becco del mio piccolo messaggero dal rosso petto.
Non credo ai miei occhi, quando un cliente apre la porta del negozio per uscire ed il mio coraggioso amico sfiora la sua testa per farsi spazio ed entrare nella tavola calda.
Come una saetta evita gli sguardi stupiti della gente e lascia con curiosa fretta il mio messaggio dietro al bancone sotto agli occhi meravigliati di Giacomo.
Poi scappa via, più veloce della luce, dal piccolo spiraglio di una finestra aperta.
Il mio ragazzo afferra quel dolce ricordo di carta e con aria attenta legge quelle brevi righe parecchie volte. Alla fine una breve lacrima sgorga dai suoi occhi per l’emozione, forse anche per il desiderio di vedermi subito e ringraziarmi di quel poetico pensiero, poi gira le spalle al bancone. Chissà, la gente avrà pensato soltanto che quel piccolo uccellino infreddolito e spaventato abbia temporaneamente sbagliato direzione o meta.
Invece la sua meta era un cuore. Il cuore di Giacomo. Lui non sa ancora niente, ma un giorno capirà il senso di quelle parole. Sono sicura che quando vedrà anche un semplice passerotto volare penserà a me e al nostro amore. Saprà che il Natale ci ha diviso per sempre, ma che la neve conserverà per sempre il nostro amore. Il misterioso e bianco bacio di un angelo che lo amerà oltre la vita.
E mentre me ne vado sorridendo fra le lacrime, penso, ‘Non me ne sono mai andata, prima o poi, mi sentirai, sono qui fra la neve, perché l’inverno sarà il nostro segreto.’
Poi catturo un fiocco caduto dal cielo e scompaio fra il nevischio.
Francesca Ghiribelli.
MENZIONE D'ONORE PER LA POESIA INEDITA 4° concorso Nazionale di poesia " Athena Spazio Arte " Omaggio a Maribruna Toni 2014
Il profumo dell’amore
Indimenticabile sguardo
Hai miele negli occhi
E io sono l’ape
Che immortala
L’ineguagliabile dolcezza
Del tuo cuore.
Materno vivere
Nel candido
Seme del tuo seno,
mi hai cresciuto
come dorato botton d’oro
fra le verdi carezze
del tuo prato.
Immortale amore
Nato dal bacio del mondo
Minuscolo briciolo di sogno
Che ha dato vita al respiro
Di ogni mia notte.
Infinito affetto
Scivola lezioso
Con amabile affanno
Nella radura degli attimi
Per farne bosco di abbracci.
E per me è primavera
Ogni giorno
Fra gli indulgenti rovi
Di preziose more
Respiro con te
Il profumo dell’amore.
FRANCESCA GHIRIBELLI
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