GLI OCCHI DELLA VITA DI FRANCESCA GHIRIBELLI
Ho appena finito di scrivere una breve lettera alla mia famiglia per assicurarle che qui, dove mi trovo, sto bene e mi sono quasi subito ambientata egregiamente con i miei colleghi. Ormai è arrivato l’inverno e la neve sembra cadere dappertutto, ma non riesce ancora a rubare il calore che il mio cuore emana verso gli altri. Tutti continuano a guardarmi in modo distante e sorpreso, specialmente le persone più care, che non sono riuscite ancora ad accettare la mia improvvisa lontananza per una ‘missione’ che piano piano è cresciuta dentro me, come il cuore fa con i respiri dell’anima. Mi osservo ogni volta di fronte ad uno specchio e soltanto io riesco a sorridere a quella povertà di amore e di affetto, che la vita sovente ci mette davanti.
Sì, guardo il mondo e mi rendo conto che oramai siamo rimasti veramente in pochi a saper amare. Quando sono partita dalla mia cara e vecchia casa, i miei mi hanno salutato con rammarico e visibilmente allibiti, capendo che quella a cui andavo incontro, sarebbe stata la mia vita per sempre. Già, ma ero stata io a volerlo e a compiere quella scelta piena di difficoltà, che forse fin da bambina avevo dentro al cuore. Dopo aver lasciato quelle antiche mura di semplici e tangibili ricordi, ho dato una svolta all’esistenza regalandole un senso che tanta gente non riesce a trovare, neanche in se stessa. Salii su un treno e mi avventurai verso la strada in salita, che adesso ogni giorno mostra davanti ai miei occhi un edificio grigio e piatto, dove molte persone cercano riparo dalla propria vita, ma che a volte o quasi spesso, non riescono più a vivere serenamente. Sapevo cosa mi aspettava e adesso sono pronta a lottare per i diritti di queste persone, perché un giorno, forse anch’io potrei trovarmi nelle loro stesse condizioni, mentre una lacrima scende sul viso, ormai segnato dagli anni. E’ già poco più di un mese che mi trovo qua e per essere la mia prima esperienza nel settore dell’impegno sociale, posso dire che non sia stata del tutto negativa per il momento, anzi la mia disponibilità è sempre aperta in qualsiasi situazione di difficoltà e a qualunque orario notturno. Ho sempre ascoltato in fondo alla mia anima, quella piccola vocina che mi diceva di dover offrire agli altri più di quello che loro potevano dare a me. Non mi sono mai chiesta, se mi avessero ripagato del tutto, perché il gesto di dedicare la mia vita a chi è più bisognoso di aiuto, è sempre stato sincero e privo di alcuna aspettativa. A volte, però non riesco a comprendere la totale indifferenza delle mie colleghe verso quei teneri e dolci vecchietti che non aspettano altro che un tuo sorriso o una piccola parola di conforto, mentre loro, invece se ne stanno lì immobili ed algide, perfettamente inconsapevoli di trovare nel proprio lavoro il profondo senso che la vita ci può donare. Io svolgo questo compito non come un dovere, ma un piacere verso coloro che forse davanti a sé non possiedono più niente, per cui valga veramente andare avanti. Ecco, io voglio ridare il piccolo e accennato sorriso del futuro a quelle persone che si sentono chiamare con quel malconcio appellativo di ‘anziani’. Non sono tali, perché la vita non è mai troppo ‘anziana’ per essere vissuta completamente. Ma ‘’che cos’è l’impegno sociale?”, mi domanda spesso la gente. So rispondere soltanto con una parola, amore. Sì, una delle tante forme di amore nel nostro cerchio di esistenza, è quella di voler dedicare parte o l’intera vita stessa a chi non ha più un senso per vivere. Non tutti si sentono in grado di portare a termine quella che io definisco ‘missione’, ma l’ho giurato a me stessa. Ce la farò. La mia stessa vita è missionaria di pace nel cuore altrui, ma ci vorrebbero tante persone a colmare il vuoto dell’indifferenza, che troppe volte costruisce un muro di silenzio davanti a chi, invece vorrebbe abbatterlo. Non oso fare la ‘crocerossina della vita’, ma amo medicare e prosciugare le ferite che si è procurata amando.
Già, mi occupo di tanti anziani fra cui numerose donne e uomini, lasciati al proprio destino e lì capisco quanto i sentimenti possano ingannare. Commoventi parole di svariati racconti si intrecciano nel cuore e le orecchie fanno fatica ad ascoltare, perché forse l’amore per un figlio non è mai abbastanza. Quanti individui corrono al nostro centro di ospitalità e abbandonano quelle candide chiome bianche, come nuvole, verso un futuro senza certezze.
Sembra che ormai quelle facce solcate dal tempo non facciano più parte della loro esistenza, anzi che ormai siano troppo ‘scomodi’ da amare. Soltanto dopo, ti accorgi che quegli individui sono i loro figli che decidono senza alcun ripensamento o rimorso di lasciare i propri cari in un luogo sconosciuto e in fondo non hanno avuto, neanche il coraggio di rilevare la propria identità.
Ogni volta guardo questi teneri ‘nonnetti’ e mi accorgo di come siano indifesi di fronte al ‘tiranno’ della vita. Ognuno ha la sua storia e c’è chi non può più parlare, chi ha bisogno di un tono più alto di voce per sentire, chi farfuglia parole senza senso di un passato, che ormai è un lontano ricordo e chi, come la mia cara Adele, non può camminare più, ma se ne sta lì sempre lucida e con gli occhi arzilli a leggere i romanzi d’amore, che ogni tanto le porto da casa.
Sì, osservandola capisco che non ha bisogno d’altro che di ritrovare fra quelle pagine il calore dei momenti ormai andati: il suo primo amore, l’unico uomo importante della sua vita,che ormai da tempo è scomparso, lasciandola nella sua grande solitudine e soprattutto l’amaro sapore della consapevolezza di avere ancora un figlio, che l’ha abbandonata per sempre. Già, mi ricorda spesso quel giorno di tantissimi anni fa, quando lui l’accompagnò fino lì con un sorriso rassicurante, giurandole di tornare a trovarla ogni volta che poteva, ma mai nessuno ha varcato più quella porta.
Non potrò mai avere una risposta, perché ovviamente non sono una veggente. A volte, però chi ha dato tanto, non riceve mai abbastanza. Ora desidero solamente affidare il senso della mia esistenza a questi cari anziani che sono ormai ‘pezzi di storia’ da raccontare e da cui imparare tante cose. Poi mi volto, li sorrido e oltre a quelle mani rugose, ai loro movimenti curiosi e lenti e a quelle dolci chiome sfumate dal pallore degli angeli, mi ritrovo qui a scrivere di loro sul mio diario, durante la solita e breve pausa pomeridiana: vedo in quegli occhi quello che ho sempre cercato, perché sono loro che parlano e denunciano la sofferenza della solitudine che la vita li ha riservato, ma soprattutto sono gli occhi della vita, che adesso un senso mi ha dato.
1 commento:
Ciao, ho creato un blog di cinema un pò particolare, passa se ti piace il cinema http://lifefunctionsterminated.blogspot.com
A presto!
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