Gardini con professionalità e
soprattutto semplicità, racconta, spiega, approfondisce e arriva al cuore anche
di chi non ha basi classiche o di chi magari vuole solo esplorare e scoprire
questo nuovo mondo fatto di passato che non è polvere, bensì cenere ancora viva
e pronta a riaccendere ogni volta il fuoco della letteratura classica. Ma anche
pronta a ravvivare la filosofia di un tempo che fu e che ha posto le basi del
pensiero filosofico arrivato fino ai giorni nostri.
Cos’è un classico? Un classico,
rileggendolo fra le righe di un esperto come Gardini ci parla rendendoci
lettori e spettatori della sua bellezza e della sua forma. Non apriamo semplicemente un libro: apriamo le braccia a un
sopravvissuto, come dice Gardini. Diamo
ospitalità a uno straniero; gli offriamo la nostra casa e ci mettiamo ad
ascoltarlo. Lo scrittore e studioso riprende uno dei più importanti e
indimenticabili autori classici, Ovidio. Un autore che non canta l’epica, bensì
l’elegia, cantando il desiderio dei singoli, un desiderio spesso
autodistruttivo. Le sue non sono battaglie tra popoli nel vero senso di guerra,
la sua è una battaglia tra amanti. Inoltre, gli eroi fanno posto alle eroine.
Gardini sottolinea anche la
differenza tra l’Ovidio maggiore e quello amoroso del primo periodo. Ho
apprezzato molto, oltre alla profonda analisi conoscitiva dell’opera, anche il
soffermarsi dell’autore sul concetto di scrittura. Quando si scrive, scrive
tutta la persona. Scrivendo, la persona si realizza. Inoltre, evidenzia come
sia differente scrivere a mano una lettera o un testo e scrivere qualcosa
cliccando un tasto elettronico, come oggi capita sempre più spesso. Sottolinea
l’importanza del dito nella scrittura amanuense. Com’era bello in passato
scrivere una lettera a mano! Oggi capita sempre meno o se lo si fa si usano
dispositivi tecnologici. Una lettera è
doppia temporalità e doppia spazialità, afferma Gardini. È
ora e poi; è qui e altrove. Certezza e incertezza. L’ora e il qui sono
determinati.
Gardini dà anche la definizione
di “fantastico” nella scrittura e nel pensiero filosofico. Il motore è
inevitabilmente il desiderio. Il bisogno di possesso (la brama) o di recupero
(la nostalgia o il rimpianto). Ma soffermiamoci in breve, vista la vastità
dell’argomento, sull’opera più importante di Ovidio: Le Metamorfosi. Un grande caleidoscopio di immagini, mondi
materiali e immateriali che si intrecciano, dove l’apparire si produce e si
modifica. Il concetto sensorio di metamorfosi per Ovidio sta nella metamorfosi
stessa e non nella conclusione del suo stadio. Precisamente si racchiude nella
dinamica della trasformazione.
Grande tema ovidiano è
l’incertezza, una condizione primaria della mente, che poi si irradia al corpo,
realizzando una mutazione fisica. Le Metamorfosi sono poema universale.
Abbracciano il periodo che va dal caos primordiale all’ordine del principato
augusteo. Insomma, un’enciclopedia sulla storia del mondo. Gardini ostenta e
definisce il poema ovidiano una vera e propria apocalisse del “tempo
ritrovato”. Un confronto quindi con l’opera proustiana. Un’addizione di “tempi
perduti”. Sia Proust sia Ovidio inglobano un tempo perduto, ma al contempo lo
restituiscono. Ecco che qui entra in scena il Gardini filologo rapportando
analogie fra antichità e modernità nel campo letterario e filosofico. Un libro
consigliato agli amanti dei saggi e del classicismo, ma anche a chi vuole
scoprire la filologia in punta di piedi e a chi desidera ampliare le proprie
curiosità e conoscenze letterarie.
Definirei questo saggio anche un
po’ romanzato come l’immagine di acqua pura che scorre: la sorgente nascosta
dei classici, che ogni volta sono preziosi per abbeverarsi alla fonte delle
nostre origini per poter così affrontare meglio il presente e il futuro.
Francesca Ghiribelli
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